Il Serpente nel Mito

Reportage di Leonardo Ancillotto
(articolo del 14/5/2003)


Il 10 Aprile 2003 ho avuto la possibilità di andare, grazie alle segnalazioni di Roberto sul forum, e di una mia insegnante a scuola, a un’interessantissima conferenza tenuta dal professor Massimo Capula nella sala del Museo Zoologico di Roma e, visto che ho preso una marea di appunti ho pensato che poteva essere interessante anche per tutti coloro che non hanno potuto seguire la suddetta conferenza. Perciò, eccovi il mio resoconto:


Lingue biforcute: serpenti fra mito e realtà. Da sempre l’uomo è stato incuriosito dalla natura e dalle cose che lo circondano, specialmente quando queste sono "diverse" o appaiono "strane" ai suoi occhi; probabilmente è questo il motivo per cui la figura del serpente è stata oggetto, come vedremo, sia nel bene che nel male, di ogni genere di leggenda, entrando a far parte del bagaglio culturale della maggior parte delle grandi civiltà del mondo antico, divenendo oggetto di culto, di studio e di mito.
Sicuramente il primo collegamento che viene in mente pensando al serpente nei miti è il personaggio mitologico di Medusa, il mostro che aveva serpi saettanti al posto dei capelli e che uccideva con lo sguardo, facoltà peraltro comune anche al mitico Basilisco, altro esempio, stavolta medievale, della figura del serpente.
Questi due mostri, prodotto del subconscio umano, possono rappresentare un primo esempio di come ciò che l’uomo non conosce venga immediatamente esagerato, inventato e, in un certo senso, esorcizzato: a questi animali così diversi da noi è stata infatti attribuita la facoltà di uccidere con lo sguardo, ma ad entrambi viene affiancato un elemento capace di neutralizzarli, Ercole per la Medusa e i galli per il Basilisco.
Ma il serpente ha avuto un ruolo nella cultura umana molto tempo prima del Medioevo o dell’epoca dei Romani. Troviamo tracce di culti ofidici in tutto il mondo, in tutte le epoche.
In Egitto per esempio: nella celebre tomba della regina Nefertari sono state rinvenute notevoli rappresentazioni che testimoniano l’importanza del serpente nella complicata religione e mitologia egiziana. Il dio Atum raffigurato sulle pareti della tomba è infatti un enorme serpente nero dotato di piume, che avvolge nelle spire la regina. Nella mitologia dell’antico Egitto questa divinità attraversava il mondo degli inferi terrestri per poi innalzarsi in cielo tramutandosi in questo modo nel dio solare Ra.
Simbologicamente il serpente passa attraverso la parte negativa del mondo e, parallelamente, dell’inconscio umano, "rigenerandosi" nel massimo grado della positività, divenendo il sole, donatore di vita. Questa rigenerazione, comune anche ad altre religioni, è probabilmente la trasposizione mitologica di un evento biologico tipico di tutti i rettili: l’esuviazione (o muta), durante la quale il serpente, essendo cresciuto, perde completamente la pelle vecchia, lasciandola appesa a un ramo o a una roccia, mostrando una nuova pelle, più lucida e bella.
Questo fenomeno naturale, che avviene periodicamente durante tutta la vita di ogni rettile, ha spesso portato a credere le antiche civiltà nell’immortalità del serpente e nella sua continua rigenerazione.
Questo importante ruolo del serpente nella religione egizia ha comportato anche un significato di grande importanza di questi rettili nella simbologia, cosicché l’ "ureo" rappresenta un simbolo di regalità e di rispetto: esso era infatti una parte del copricapo indossato dalle grandi personalità egizie ed era costituito da una statuetta di un cobra eretto, spesso d’oro, che era posato sulla fronte di chi lo indossava, conferendogli superiorità rispetto agli altri.

Il mito del serpente piumato non fu esclusivo degli antichi egizi, anche le popolazioni precolombiane veneravano una divinità a metà strada fra l’uccello e il serpente. Si tratta del dio Quetzalcoatl, e la civiltà in questione è in particolare quella mesoamericana degli Aztechi. In senso strettamente biologico questa divinità altro non era che la fusione di due specie animali un tempo piuttosto comuni nel territorio allora occupato dagli Aztechi e ora in via di estinzione: il quetzal, uccello dotato di lunghe piume verdi sulla coda, venerato dagli Aztechi come incarnazione temporanea del loro dio, era stato "fuso insieme" con il boa costrittore, grosso serpente sudamericano.
Simbologicamente invece, Quetzalcoatl rappresenta il connubio inscindibile fra tra terra e cielo, tra naturale e divino, tra bene e male. Esso è infatti allo stesso tempo un dio sanguinario, al quale venne sacrificata ben più di "qualche" vittima umana, e donatore di vita. Il serpente piumato, per gli Egizi come per gli Aztechi, rappresenta inoltre il contatto con il mondo dei morti e anche per questo rappresenta un simbolo da rispettare e venerare.

Spostandoci dalle Americhe all’Asia, culla di un’infinita varietà di religioni, ci accorgiamo che il serpente ha avuto anche qui il suo posto nella mitologia e nella simbologia religiosa. In India, nonostante da sempre nelle risaie muoiano ogni anno decine di persone a causa del morso dei serpenti, Visnù, divinità creatrice, nell’iconografia classica è rappresentato seduto su un enorme serpente e con il capo attorniato da diversi cobra col cappuccio aperto. Il serpente per gli indiani è sempre stato in stretta relazione con le divinità (comunemente al buddismo: un cobra si pose infatti, secondo la tradizione, sulla testa del Buddha in meditazione per coprirlo dai cocenti raggi del sole) e soprattutto è in parte detentore della conoscenza, ed è perciò un’entità da rispettare e venerare.
Dallo stesso nucleo dell’Induismo e del Buddismo proviene la religione cinese, nella cui simbologia ricorre da sempre il dragone, spesso anche dotato di piume. Il drago cinese è chiaramente un’ulteriore esagerazione della figura del serpente, che in questo caso viene considerato apotropaicamente: esso rappresenta un simbolo propiziatore atto ad allontanare influssi maligni. È probabile che la tradizione del drago sia derivata dall’esigenza di "rassicurare" la popolazione cinese ai tempi delle grandi invasioni da occidente di Unni e Tartari, fornendo così un simbolo ancora più "potente" del normale serpente.

Anche nella mitologia degli aborigeni australiani si trova una leggenda che ha per protagonisti due serpenti. Secondo il mito aborigeno della creazione del mondo, furono due fratelli serpenti a plasmare la terra, dividendosi dopo aver litigato e dirigendosi in direzioni diverse, formando le montagne, le valli e i letti dei fiumi con i movimenti sinuosi dei loro corpi.

Anche le civiltà europee hanno attribuito al serpente un valore mistico-religioso. Notissime sono ad esempio le statuette votive cretesi della dea che stringe nelle mani due serpi. Nella tradizione minoica il serpente è un elemento positivo e propiziatore, nonché un simbolo di fertilità legato alla sfera della simbologia di tipo sessuale (il serpente rappresenta, per i cretesi come per gli indiani, un simbolo fallico).
Per gli antichi Greci il serpente è contemporaneamente un animale positivo, abbinato spesso alla medicina, e negativo, come è testimoniato ad esempio dalla celebre statua di Laocoonte, divorato insieme ai figli da due enormi serpenti marini, o dall’affresco nella "Casa dei venti" a Pompei, dove è raffigurato Ercole bambino che uccide delle vipere, davanti allo sgomento degli adulti.
Per i Romani invece il serpente era legato in particolare a una divinità, Esculapio, che era il custode della medicina. Inoltre al lato pragmatico dei Romani non era sfuggito il fatto che i serpenti sono abili e voraci predatori di topi e ratti, e perciò non mancavano mai di ospitare un serpente nelle loro abitazioni, risolvendo così il problema della piaga dei roditori.

Come s’è visto, il serpente nelle religioni antiche fu caratterizzato da un fortissimo aspetto di ambivalenza. Esso viene temuto per la sua velocità (pur non avendo zampe) e per i suo veleno, in qualche caso mortale. Allo stesso tempo però vengono attribuite a questi rettili capacità divine, e nella maggior parte dei casi queste sono positive, cosicché il serpente entra a far parte della religione come simbolo propiziatore e donatore di fertilità. Così come esso è legato al mondo degli inferi, contemporaneamente può far parte del mondo solare, dona la vita ma anche la morte, conferisce autorità e infonde sicurezza in un popolo vulnerabile, può uccidere con il veleno ma, proprio con questo si possono produrre antidoti e medicine potenti.
Questa ambivalenza dei serpenti fu però cancellata dalla religione cristiana, dalla quale questi rettili ricevettero un’accezione solamente negativa, a cominciare dal serpente tentatore del paradiso terrestre, per continuare poi con la serpe infernale che porta sul dorso l’anticristo, rappresentando l’oscurità, il pericolo.
Questa visione negativa dei serpenti fu però una evoluzione (o involuzione?) della religione cristiana. Nell’Antico Testamento Mosè innalza il serpente al cielo e Dio chiederà a lui di essere "innalzato" come aveva fatto con il serpente, dimostrando così che la figura di questi rettili era ben diversa da quella odierna. Sempre dalla Bibbia, si ha notizia di una traccia di culto ofidico anche nell’antica religione ebraica, nella quale questi rettili, rappresentati come serpenti di bronzo, mantenevano il loro significato ambivalente fra bene e male; il culto del serpente di bronzo fu però, come è scritto nella Bibbia, sradicato dalla religione ebraica tramite la distruzione completa dei templi a esso dedicati.

I culti ofidici sono pressoché scomparsi dalla faccia della Terra, con pochissime eccezioni: il Sudest asiatico, l’India e, cosa stupefacente, l’Italia sono le uniche zone in cui è possibile trovare ancora oggi tracce di questi antichi culti.
Il "caso" italiani è particolarmente interessante: si tratta di un antico culto ofidico di origine latina e ora "mascherato" dalla tradizione del cristianesimo. Il rito popolare si svolge tutti gli anni nella prima settimana di Maggio in due paesini abruzzesi nelle vicinanze del lago del Fucino: Cocullo e Pretoro. La tradizione vuole che in questo periodo avvenga una processione nella quale viene portata su un baldacchino (sorretto da alcuni uomini) la statua di San Domenico, che viene adornata con grovigli di serpenti vivi, che vengono anche "distribuiti" ad alcune persone della processione. Questa è sicuramente la testimonianza relitta dell’antica processione dei latini, i quali trascinavano la statua della dea Angizia, analoga alla figura greca di Circe e legata alla scienza medicinale, anch’essa coperta di grovigli di serpi vive. Con il passare dei secoli il culto di Angizia è andato perduto e alla dea s’è andata sostituendo la figura del santo, coprendo così il rito pagano.
Purtroppo negli ultimi anni s’è presa la brutta abitudine, dopo la festa, di vendere i serpenti (mentre fino a pochi anni fa e nella tradizione latina i rettili venivano liberati subito dopo la cerimonia), alimentando un commercio illegale e immorale.

S’è più volte accennato al fatto come in molte culture il serpente venisse abbinato alla scienza medicinale. Il serpente è da sempre risultato un soggetto di studio interessante, probabilmente soprattutto a causa della presenza del veleno e delle proprietà di questo.
Il primo dato certo che testimonia lo studio dei serpenti nel mondo antico è il codice di Nicando, datato intorno al 200 a.C. Questo codice tratta soprattutto delle proprietà del veleno della vipera e di come ricavarne farmaci e antidoti.
Da questo iniziale approccio scientifico si passò in seguito a considerare l’aspetto simbolico del serpente e del suo ruolo metaforico. In tutti i casi il serpente legato alla medicina è comunque un simbolo positivo e benaugurante. Due sono i simboli che, ancora oggi, fanno parte dell’iconografia farmaceutica: il caduceo e il serpente che si abbevera alla coppa. La forma del caduceo deriva dall’antica leggenda per cui Ermes aveva trovato due serpenti che, litigando, si contorcevano intrecciandosi; allora il dio scagliò loro addosso una lancia d’oro che li bloccò per sempre in quella particolare posizione, che rappresenta il rapporto di equilibrio perfetto tra due esseri, fra il bene e il male, analogo alla figura del serpente che si morde la coda, nella quale l’inizio di incontra con la fine in un preciso gioco d’equilibrio e proporzione, e per questo legato alla medicina.
Il serpente che si abbevera alla coppa è invece un simbolo ancora più antico. Esisteva un antico mito, probabilmente precedente ai Romani, della dea Egea, la quale preparava pozioni e magiche medicine. Nell’iconografia s’è poi aggiunto il serpente come simbolo magico e portafortuna, che poi, attraverso un fenomeno di assimilazione e stilizzazione, è andato diventando il pestello utilizzato per preparare i farmaci, e la coppa è diventata il vaso dove si pestavano gli ingredienti. Tra l’altro questa iconografia del pestello e del vaso si ricollega ancora una volta alla sfera simbolica di tipo sessuale, dimostrando nuovamente la polivalenza simbolica di questi rettili.
Più recenti di Nicando, anche i due scienziati Galeno e Andromaco si dedicarono a lungo allo studio dei serpenti e alle loro applicazioni nella medicina e per produrre l’antidoto per tutta una serie di veleni, non escluso quello della stessa Vipera. In particolare essi furono gli iniziatori di una lunga ricerca pseudo-scientifica, alla ricerca del "farmaco universale": la teriaca. Essa era inizialmente una pozione a base di corpo di vipera, alla quale vennero aggiunti nel corso dei secoli (questa ricerca durò infatti per gran parte del Medioevo) i più diversi ingredienti: miele, erbe aromatiche, frutta ecc... Inutile aggiungere che la teriaca non aveva alcun effetto sul veleno della vipera, né tantomeno poteva rappresentare un farmaco universale, come previsto dalle aspettative di chi la preparava.

Il serpente ha avuto sempre un ruolo rilevante nei miti e nelle religioni di tutti i tempi e di tutte le civiltà dell’uomo che, affascinato e allo stesso tempo intimorito da queste creature così diverse da lui e così misteriose, non ha potuto fare a meno di essere rapito dal loro fascino. Fascino che oggi rischia di scomparire a causa di ottusità ed inutile pregiudizio, in gran parte derivazione di un errato pensiero cristiano medievale, che dipingeva queste creature come mostri infernali, pericolosissimi e astuti, estendendo peraltro questa fama a tutti gli altri animali striscianti.


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